“Credo la comunione dei santi”
Mt 5,1-12 – Tutti i santi – 1° novembre 2024
“Credo la comunione dei santi”, è in questa genuina verità di fede cristiana, lo confessiamo nel Credo, che è racchiuso il senso della gioiosa festa di tutti i santi. Una prima verità della comunione dei santi è rivelata dalla potente immagine della “moltitudine immensa che nessuno poteva contare di ogni gente, tribù, popolo e lingua” che l’Apocalisse di Giovanni fa scrutare. Non si dice che è una folla infinita e dunque incalcolabile, ma che è una folla grande, sconfinata “che nessuno poteva contare”. L’impossibilità di contarla non è data tanto dalle sue dimensioni ma dalla sua qualità, dalla sua verità. Non una folla grande che nessuno riesce a contare ma che nessuno può contare. Con questa visione dell’Apocalisse la chiesa iscrive nelle Scritture e dunque nella rivelazione e nel suo deposito di fede che se è giusto e doveroso che lei proclami dei santi, è per lei altrettanto doveroso riconoscere che l’estensione della santità evangelica le è sottratta. La realtà profonda e ultima della santità la conosce Dio soltanto, delle sue dimensioni solo lui ha la misura.
Questa prima verità della comunione dei santi ci rivela che la santità non solo della chiesa nel suo insieme ma quella della concreta comunità di fede alla quale apparteniamo a noi non è dato quantificarla e valutarla ma essa esiste ed è oggetto della nostra fede. Molto più facile è costatare l’evidenza del peccato e le contraddizioni al Vangelo ma è infinitamente più difficile discernere la santità della comunità e credere che già qui e ora viviamo il mistero della comunione dei santi. Se denunciamo il peccato della comunità senza credere alla sua santità noi mostriamo di non comprendere appieno il mistero della chiesa che, sulla terra come in cielo, è una comunione di santi che sono peccatori per condizione e santi per vocazione.
Nelle letture bibliche di oggi non troviamo quello che forse ci aspetteremmo. Non c’è nessun comando ad essere santi di cui, peraltro, le Scritture debordano, ma una grande contemplazione al centro della quale ci sono le beatitudini, che tutto sono eccetto che una raccolta di norme, di doveri e di comportamento morale. Sono beatitudini non comandamenti, a riprova che se la morale si inculca attraverso l’enunciazione di principi, il cuore del Vangelo lo si annuncia proclamando “beati!”. Le beatitudini sono una parola di speranza e di consolazione per i miti, per chi piange, per i perseguitati, per gli operatori di pace e annuncia che nella storia.
Dio prende posizione, sta dalla loro parte, e non dalla parte degli arroganti, dei violenti e dei signori della guerra.
Ma c’è un’ultima e decisiva verità della comunione dei santi: è, e non può che essere una comunione e non una semplice addizione di cammini individuali e paralleli di santità. Gesù proclama beato non il mite ma i miti, non il puro di cuore ma i puri di cuore, così che il primo frutto delle beatitudini è quello di realizzare una misteriosa quanto reale comunione che affranca da ogni solitudine, da forza e consola, perché ogni mite sostiene e custodisce la mitezza dell’altro anche senza conoscerlo. Se non apparteniamo alla chiesa per veder vivere il Vangelo dagli altri ma per viverlo prima di tutto noi, è altrettanto vero che appartiamo alla comunità cristiana all’unico scopo di vivere il Vangelo non da soli ma in comunione con gli altri. Siamo comunità di Gesù Cristo quando almeno tentiamo di vivere insieme il suo Vangelo.
Goffredo Boselli