Ecco il nostro Dio
Mc 7,31-37 – XXIII domenica dell’ordinario – (8 settembre 2024)
“Gesù passò facendo del bene e guarendo, perché Dio era con lui” (cf. At 10,38), questeparole dell’apostolo Pietro risuonano all’unisono con quelle della folla stupita dalla guarigionedell’uomo sordo e muto: Gesù “ha fatto bene ogni cosa, fa udire i sordi e parlare i muti”. Nella sua vita Gesù ha fatto del bene facendo bene ogni cosa, ha fatto udire i sordi, parlare i muti, vedere i cechi, camminare gli zoppi, riacquistare la salute ai lebbrosi e tutto questo “perché Dio era con lui”.
Non si dice che Gesù fa il bene e guarisce in nome di Dio, e neppure perché lui è con Dio, ma perché “Dio è con lui”. Dio è con Gesù, ossia Dio è in quei gesti che Gesù compie sull’uomo sordo e muto, gesti per noi forse eccessivi, in ogni caso gesti forti per la loro estrema fisicità. Delle persone gli portano un sordomuto pregandolo unicamente di imporgli la mano, ma Gesù prende in disparte quest’uomo, lontano dalla folla, gli mette le dita negli orecchi e gli mette la sua saliva sulla lingua. Atti che non conoscono mediazioni e stabiliscono un contatto diretto, corporeo tra Gesù e quell’uomo. Sono questi gesti insieme al gemito che si fa parola “Effatà”, “apriti” che aprono gli orecchi e sciolgono il nodo della lingua. E tutto questo lo fa “perché Dio era con lui”. Dio è in ciò che Gesù fa, Dio è nelle sue parole, e questo significa che Dio è in ciò che Gesù è.
La guarigione dell’uomo sordo e muto è allora un segno, uno dei molti segni di compassione e cura che Gesù ha instancabilmente compiuto lungo tutto il suo passare in mezzo a noi facendo del bene e guarendo. Questo suo agire ha ben presto attirato l’attenzione delle autorità religiose, che da subito si sono accorte che quel suo “fare bene ogni cosa, far udire i sordi e parlare i muti” li metteva gravemente in pericolo e sottraeva loro terreno, cioè potere. Questo perché Gesù invitava ciascuno a prendere in mano la loro dignità di essere umani, nella libertà personale e nella condivisione fraterna con tutti. Ed è soprattutto perché Gesù crede in un Dio che lo ama come ama ogni essere umano, e la sua fede in questo Dio ha preso corpo in un combattimento per la vita piena e libera di ogni essere umano.
Per questo la buona notizia di questa pagina di vangelo non sta nella guarigione di un sordomuto, ma nel Dio che Gesù intende rivelare attraverso il suo dare la parola a chi non l’ha mai avuta. Se dunque, grazie a questo vangelo osiamo, a nostra volta, non “pensare Dio” ma dire di lui qualche cosa a partire da ciò che si è manifestato in Gesù, la parola che deve venirci è quella di “presenza”. Gesù non è solo perché Dio è con lui. Tutta la sua esistenza testimonia un dialogo interiore con questo altro da lui, al quale dà il nome di Padre, che riconosce essere più grande di lui, ma nell’intimità del quale attinge il suo coraggio di vivere.
Questo vangelo ci ricorda che è ancora troppo poco dire che “Dio è Gesù”, come se noi potessimo conoscere Dio prima che egli si riveli in Gesù Cristo e a prescindere da lui. Il Vangelo ci fa invece dire che Gesù è il Dio visibile, perché l’umanità di Gesù ci appare interamente attraversata da questa presenza, dall’essere di Dio con lui, che è la fonte del tipo di umanità che Gesù ha scelto di vivere lui, e che desidera far vivere a ogni essere umano. Questo è il vangelo di Gesù Cristo, poter dire “agli smarriti di cuore; coraggio non temete! Ecco il vostro Dio” (cf. Is 35,4).
Goffredo Boselli