Gesù Cristo il giusto
Domenica delle Palme (13 aprile 2025)
Fr. Goffredo Boselli, monaco della Madia
“Veramente quest’uomo era giusto”. Con queste parole il centurione romano confessa sotto la croce la gloria a Dio. La sottolineatura è la giustizia di Gesù, il suo essere conforme al volere di Dio, proclama la sua innocenza. Colui che è stato arrestato, processato, condannato e messo a morte è un innocente. Uno dei tratti distintivi della passione dell’evangelista Luca è l’intensità della sottolineatura dell’innocenza di Gesù. Pilato per tre volte afferma: “Non ho trovato in quest’uomo nessuna delle colpe di cui lo accusate… Ecco, non ha fatto nulla che meriti la morte”. Uno dei due condannati a morte insieme con Gesù, “il buon ladrone”, dice all’altro malfattore: “Noi (siamo condannati) giustamente perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male”.
Confessare che Gesù è un giusto, significa rinviare alla profezia di Isaia: “Il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità” (Is 53,11). Gesù è il servo sofferente, il giusto che salva, per questo l’apostolo Giacomo accusa: “Avete condannato e ucciso il giusto ed egli non vi ha opposto resistenza” (Gc 5,6), mentre Giovanni ne fa un titolo cristologico: “Gesù Cristo, il giusto” (1Gv 2,1).
Più degli altri evangelisti, Luca evidenzia in modo forte che la crocefissione di Gesù è la storia di una contraddizione. Non a caso Gesù dall’inizio del terzo vangelo Gesù è definito fin dalla nascita come un segno contradetto da ostilità e persecuzione: “Egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione … affinché siano svelati i pensieri di molti cuori”. Nella passione di Gesù lo svelamento dei cuori profetizzato da Simeone a Maria raggiunge il suo apice. Di fronte a Gesù che va verso la morte e la resurrezione c’è lo svelamento delle intenzioni più profonde, dei segreti del cuore, e tutti i personaggi attorno al giusto condannato vengono svelati nella loro coerenza, nella loro contraddittorietà, perfino nella menzogna e nella perversione.
La passione secondo Luca è la storia di un paradosso, di una contraddizione di fondo. Il giusto, l’innocente è stato condannato a morte. L’omicida e rivoltoso Barabba è stato liberato dal carcere. I giudei vogliono la condanna del Messia loro destinato. L’autorità romana, dopo avere proclamato ufficialmente l’innocenza di Gesù lo consegna perché sia crocifisso. Ma anche i discepoli, i seguaci, le folle sono irresistibilmente trascinati nella contraddizione: Giuda, uno dei Dodici, lo tradisce con un bacio, Pietro lo rinnega per tre volte. Sulla via del Calvario “una grande moltitudine di popolo e di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui”. Ma Gesù le smaschera e le mette di fronte alla loro contraddizione: “Non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli … Perché se si tratta così il legno verde, che avverrà del legno secco?”.
Ascoltare e meditare la passione di Gesù significa seguire il Cristo nelle sue parole, nei suoi silenzi, nei suoi gesti: tutto svela la contraddizione del cuore e diventa appello a ritrovare la verità. La passione non svela solo le contraddizioni che ciascuno si porta dentro, ma indica anche una via di instaurazione della verità. Come si esce da questa scoperta di essere in contraddizione con sé stessi? Riconoscendo il proprio peccato, guardandolo in faccia e chiamandolo per nome confessa la propria ingiustizia. Lo fa il “buon ladrone” riconoscendo che riceve giustamente quello che ha meritato mentre Gesù no. Lo fa il centurione riconoscendo l’innocenza di Gesù, lo fa tutta la folla che “venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto se ne tornava battendosi il petto”.