Dio si è fatto uomo vero
Lc 3,15-16,.21-22 – Battesimo del Signore – (12 gennaio 2025)
“Tutto il popolo veniva battezzato”. L’espressione “tutto il popolo”, tipica dell’evangelista Luca, non è una semplice figura retorica che esagera la descrizione della realtà per amplificarla, ha invece uno spessore teologico altamente simbolico. Il primo utilizzo di questa espressione nella Torah si trova nel libro della Genesi, nel racconto del peccato degli abitanti di Sodoma: “Gli uomini di Sodoma si radunarono attorno alla casa [di Lot] dai giovani ai vecchi, tutto il popolo al completo” (19,4). Un’espressione che riconduce alla condizione peccaminosa di un intero gruppo di uomini, alla complicità nel peccato di una determinata moltitudine. Luca usa l’espressione “tutto il popolo” per dire che l’evento del battesimo di Gesù riguarda tutto il popolo d’Israele, tutti coloro che sono stati toccati dalla chiamata di Giovanni Battista, al di là anche della concreta cerchia di coloro che hanno risposto. L’immersione nelle acque del Giordano era un segno di conversione e di penitenza, l’atteggiamento a cui tutti erano chiamati ad accogliere la salvezza. Ben al di là del popolo di Israele, era tutta l’umanità ad essere convocata e abbracciata.
Nel mistero del Natale abbiamo meditato a lungo l’incarnazione del Figlio di Dio, la sua venuta come uomo tra gli uomini, assumendo “in tutto eccetto il peccato” una vera natura di uomo. Reso con maggiore fedeltà al testo greco, l’inizio del nostro vangelo recita infatti: “Quando tutto il popolo fu immerso, fu immerso anche Gesù”, a dire che Gesù si immerge nell’immersione del popolo. Non solo è parte del suo popolo ma si immerge nella sua stessa condizione ed è con questo atto che da inizio al suo ministero pubblico, manifestando la sua profonda solidarietà con noi umani, anche in questa condizione di peccatori. Al tempo di Abramo, dalla città deviata dal peccato, Lot, l’unico giusto, era stato risparmiato dalla misericordia di Dio prima che il castigo piombasse su tutto il popolo. Nell’ora della salvezza, “Gesù Cristo il giusto” (1Gv 2,1) si pone in solidarietà con l’umano. Questo è l’unico modo con il quale di Dio in Cristo ha preso su di sé la nostra condizione di miseria e di fragilità: scendere fino a noi, immergendosi fino al profondo di noi, cioè fino a ciò che è così al fondo di noi e radicato in noi.
“Il cielo si aprì”, e il Padre riconosce in quell’atto di Gesù di immergersi nelle acque insieme a tutto il popolo il proprio figlio: “Tu sei il Figlio mio, l’amato, in te ho posto il mio compiacimento”. Compiacimento, ossia gioiosa soddisfazione, piacere e approvazione perché nel Figlio amato che si immerge è Dio stesso che si immerge nella nostra umanità con tutto il suo peso di miseria, di peccato, di sofferenza e di morte.
Di fronte al roveto ardente Dio chiese a Mosè di togliersi i sandali, in Cristo Dio non ci chiede di toglierci i sandali ma è lui che viene nella polvere della nostra vita. Dal battesimo nelle acque del Giordano fino al battesimo di sangue che è la sua Pasqua, il Signore non ha mai cessato di immergersi nelle acque impure del nostro peccato, nelle acque torbide della nostra condizione, nelle acque agitate della nostra esistenza. Sempre viene ad immergersi nella nostra povera umanità per depositarvi l’amore infinito del Padre. Se a Natale Dio si è fatto vero uomo, nel battesimo di Gesù Dio si è fatto uomo vero.
Goffredo Boselli