Gesù dodicenne è il Cristo pasquale
Lc 2,41-52 – Santa famiglia – (29 dicembre 2024)
Il racconto dell’evangelista Luca ci riporta al tempio, con Gesù e i suoi genitori. L’episodio conclude i racconti dell’infanzia facendoci ascoltare le prime parole di un Gesù giovane. Non affrettiamoci a fare di questa scena il bar mitzvah di Gesù. Niente lo esprime nel testo: la sua presenza nel tempio non è legata ad un rito di iniziazione. Gesù è presentato come un giovane pellegrino venuto con i suoi genitori a Gerusalemme per la festa di Pasqua.
Gesù ha dodici anni e questo sottolinea la maturità di chi non è più proprio un bambino e si avvicina all’età adulta. In primo luogo Luca colloca Gesù nella continuità della sua famiglia: viene con loro “secondo la consuetudine”. Gesù ha tutto per seguire le orme della sua famiglia… finché la fine della celebrazione pasquale non apre un’altra prospettiva: Gesù non segue più i suoi genitori e rimane, con la propria autorità, a Gerusalemme. Giuseppe e Maria cercano Gesù “nella comitiva” e poi “tra i parenti e i conoscenti”, ovvero lo cercano dove è sempre stato fin dalla nascita. Invece, dopo tre giorni, lo trovano nell’area del tempio “in mezzo ai maestri”.
È già il Cristo pasquale! Tutto il racconto è segnato dal vocabolario lucano della risurrezione e in particolare da quello del racconto dei pellegrini ad Emmaus (Lc 24,13-35). Così, la scena si svolge a Gerusalemme (24,33) e Luca si riferisce alla festa di Pasqua (22,15), si cerca Gesù come le donne al sepolcro (24,5), lungo la strada (24,32-35), e lo trovano (24,33) dopo tre giorni (24.21). E come Gesù sta tra i dottori della Legge, il Risorto sta “in mezzo” ai discepoli (24,36). Allo stesso modo, come i discepoli sono “pieni di stupore” al vedere il Risorto (24,41), così tutti quelli che ascoltano il ragazzino nel tempio “sono pieni di stupore” Il cosiddetto racconto della “fuga” di Gesù anticipa già l’annuncio della risurrezione e la glorificazione presso il Padre.
Il giovane Gesù siede tra i dottori della Legge. Questa posizione è quella di un maestro che insegna ai suoi discepoli. La presenza di Gesù sconvolge così l’ordine consueto delle cose: un bambino ascolta e interroga i dottori specialisti delle Scritture che sono estasiati per “l’intelligenza delle sue parole”. Luca, più delle sue parole, di cui nulla riferisce, mostra come Gesù è, nella sua persona, il vero interprete della Legge e dei profeti.
In prospettiva pasquale, l’assenza non è abbandono ma segno della sua glorificazione presso il Padre: “Perché cercate il Vivente tra i morti? Non è qui, è risorto” (Lc 24,5). Tutta la missione e il ministero di Gesù sono quindi orientati verso il Padre che egli rivela e verso il quale fin da ragazzino sente di appartenere, lui che, rispondendo a Maria, lo chiama “Padre mio”. Ma per capirlo bisognerà camminare ancora con Gesù, fino alla sua passione e alla sua risurrezione, sottolineata dall’incomprensione dei genitori.
Insieme a Maria e Giuseppe Gesù lascia il Tempio per tornare al villaggio della Galilea. Il bambino che prima suscitava l’ammirazione degli intellettuali ora si sottomette ai suoi genitori. La madre conserva questi eventi nel suo cuore che nel linguaggio biblico è la sede del discernimento e della ragione. Con Maria, è anche tutto Israele (la “madre Sion” del salmo 87), dovrà accogliere l’inaspettato di Cristo. Il bambino diventa, a Nazaret, luogo ordinario e umile, testimone della grazia e della sapienza divina. Il luogo che avrebbe potuto unire gli uomini a Dio non è più il tempio di Gerusalemme, ma Gesù di Nazareth, il Cristo di Dio.
Goffredo Boselli