È nato per voi un Salvatore
Lc 2,1-14 – Natale del Signore – (25 dicembre 2024)
“Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore”. Il Salvatore non è semplicemente nato, ma è nato “per voi”. Quella nuova vita non è genericamente nata ma è fin dal primo momento una vita “per voi”. Questo bambino non nasce per sé stesso, non vivrà per sé stesso e non morirà per sé stesso. Nel vangelo secondo Luca c’è questa chiara corrispondenza letterale: quel bimbo è “per voi” e nell’ultima cena Gesù dirà ai suoi che quel pane è il suo corpo “per voi” (Lc 22,19). Questo essere-per è costitutivo dell’esistere del Signore Gesù.
I pastori sono implicati nella nascita di quel bambino non come semplici spettatori ma come destinatari del fatto. É perché quel bambino è nato per loro che l’angelo appare loro e non viceversa. Ecco l’importanza dei pastori, che per primi, credendo alla parola dell’angelo, hanno creduto che quel bambino era il Messia. Se “per lui non c’era posto” perché “i suoi non lo hanno accolto”, chi invece lo riconosce? Quelli che non sono i suoi. Lo riconosco i pastori, gli esclusi dalla città, gli impuri, gli scartati per eccellenza, il simbolo, nella società giudaica, degli uomini senza valore.
“E subito, apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: ‘Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini che egli ama’”. Fin dal suo esordio, il racconto della nascita di Gesù è attraversato da polarità che creano una tensione che attraversa tutto il brano di Luca e lo fa, per così dire, vibrare. É una tensione tra la politica del mondo e una vicenda familiare. La pochezza di un bambino adagiato in una mangiatoia e “la gloria del Signore” che avvolge i pastori. Una tensione data dalla polarità spaziale, di “terra” e di “cielo”: il censimento riguarda tutta la terra, e gli angeli che cantano “gloria a Dio nell’alto dei cieli”. É dunque una polarità cosmica che è qui evocata.
Ma dentro a questa tensione che attraversa il racconto di Luca c’è una tensione evangelica. Da un lato la pretesa universale dell’imperatore di Roma del quale basta evocare il nome, Cesare Augusto, per celebrare la Pax romana su tutta la faccia terra che corrispondeva all’impero romano. “Mentre su tutta la terra regnava la pace” ascoltiamo nel martirologio la notte di Natale. E dall’altro lato gli angeli che lodano Dio dicendo: “Sulla terra pace agli uomini che gli ama”. Ecco due paci a confronto: la Pax Augustea, la pretesa della pace universale raggiunta a prezzo di guerre e mantenuta con la forza delle armi, e la Pax Christi, la pace che nasce con il Messia di pace. Nella notte di Natale si ascolta la profezia di Isaia: “Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio … il suo nome sarà Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace” (Is 9,5-6). La nascita di quel bambino è pace, perché nelle promesse messianiche il re della salvezza diventa re sempre attraverso la sua nascita. Nasce come Principe della pace e porta la salvezza in Israele, e giunge al potere non attraverso un atto di guerra ma per nascita. “Un bambino è nato per noi … il suo nome è Principe della pace”, questo è il suo nome e dunque la sua vocazione, la sua identità originaria.
Goffredo Boselli