Domenico Quirico: “La guerra è uccidere legalmente”
“La guerra è licenza di uccidere. La guerra è uccidere legalmente. Nella vita civile, normale, uccidere è un reato, è omicidio. In guerra uccidere è obbligatorio, non solo è meritevole. Più uccidi, più rubi, più distruggi, più violenti, più stupri più sei onorato con gradi e con medaglie”.
Così Domenico Quirico ha iniziato la sua conferenza domenica 20 ottobre presso la Fraternità monastica della Madia. Quirico è un noto reporter per il quotidiano torinese La Stampa, caposervizio esteri. È stato corrispondente da Parigi e inviato di guerra. Ascoltarlo alla Madia è stato come leggere uno dei suoi articoli: apre gli occhi sulle situazioni delle guerre in corso, specie in Ucraina, in Palestina e Medio Oriente.
“Cosa significa raccontare da giornalista la guerra?”, si è domandato. “Stando lì dove c’è guerra, il compito di me giornalista è di trasformare la mia esperienza in coscienza e in questo avviene la commozione, e la mia coscienza diventa coscienza collettiva. In quel momento io compio un atto giornalistico”. E ha aggiunto: “L’unico argomento che giustifica l’esistenza dei giornali è l’obbligatorietà della narrazione dei dolore, ovunque questo sia e qualunque sia la ragione che lo determina. L’unico comunismo autentico è quello della sofferenza: io sono con te e quindi sono uguale a te. La sofferenza scavalca tutto ciò che rende diversi”.
Il prolungato dibattito pomeridiano con il pubblico presente si è aperto con questa domanda rivolta a Quirico: “Se ci fosse ad ascoltarla un giovane che vorrebbe fare l’inviato di guerra e le domanda: ‘C’è ancora un futuro per me?’, cosa risponderebbe?”. Il giornalista ha risposto: “Scrivere è darsi, totalmente, inesorabilmente, violentemente, Ciascuna di quelle righe è un raschiare dentro di sé. Soprattutto quando si è confrontati con il dolore degli altri. Non esiste il giornalismo imparziale! Il giornalismo è prendere parte, è faticoso, è tremendo. C’è gente che non ha resistito, che non ce l’ha più fatta. La risposta alla sua domanda è: provare, perché ne vale la pena. Perché è un’esperienza unica che non ha eguali”.
Straniero al pensiero dominante, Domenico Quirico ha condotto gli ospiti presenti a prendere coscienza della durezza della situazione attuale, senza retorica, senza illusioni di soluzioni a breve termine, ma con la sola forza della narrazione della realtà dei fatti, dei contesti, delle situazioni, degli interessi e degli attori in gioco.