Magnificat
Lc 1,39-56 – Assunzione della beata Vergine Maria – (15 agosto 2024)
Questa luminosa pagina di vangelo mostra come Maria vive gli avvenimenti nei quali è coinvolta: la maternità annunciatale dall’angelo e le parole di beatitudine che Elisabetta le ha appena rivolto. Con il canto del Magnificat questa giovane donna mostra di non essere spettatrice passiva e inconsapevole di quello che gli sta accadendo, ma sa interpretare i fatti e dar loro un senso alla luce della fede. Tutto avviene certo non malgrado lei, ma neppure semplicemente attraverso di lei, ma grazie a lei. La sua maternità è un’opera della sua fede. È madre perché è credente e non viceversa.
Se la risposta di Maria all’angelo “ecco la discepola del Signore, avvenga di me secondo la tua parola” esprime l’obbedienza di Maria, l’incontro con Elisabetta e il Magnificat rivelano la qualità di questa obbedienza. Quella di Maria è l’obbedienza libera e intelligente di chi non subisce un destino ma risponde a una vocazione. Maria sa bene a chi obbedisce, e nel Magnificat dice il Dio al quale fa obbedienza. È un Dio che non si impossessa del suo corpo come farebbe un qualunque uomo del corpo di una giovane donna. Maria invece ha sentito su di sé lo sguardo del Signore. Si è sentita scelta come solo uno sguardo è capace di scegliere. Si è sentita guardata non usata, riconosciuta non utilizzata.
Con il Magnificat, Maria mostra di essere consapevole che obbedire alla parola del Signore non è concedere in modo inerte il suo corpo come un mezzo indispensabile al disegno di Dio, ma ciò che avviene nel più intimo di lei deve far corpo con la fede del popolo d’Israele, con quella parte di umanità con la quale Dio ha scelto di stare: i miseri, gli umiliati della storia.
Ciò che di più interiore può avvenire nel corpo di un essere umano come la maternità, nel Magnificat diventa il più esteriore del corpo storico di Israele, della fede di Abramo e della sua discendenza. Ciò che di più intimo avviene nel corpo di una donna come l’inizio di una vita, diventa corpo sociale, dove i superbi sono dispersi, gli affamati saziati e i ricchi se ne vanno a mani vuote. L’atto più privato che ci possa essere come il concepimento, nel Magnificat diventa perfino atto politico dell’abbattere i potenti dai troni e innalzare gli umili, ossia ristabilimento della giustizia. Nel Magnificat c’è tutta l’umanità di Maria, grembo e matrice dell’umanità del figlio.
Nel corso della storia, le Chiese, pur dando alla grande festa di oggi nomi diversi – dormizione, beato transito, assunzione al cielo –, hanno tutte posto al centro il corpo di Maria: corpo sepolto in terra con venerazione dagli apostoli nelle icone, oppure corpo assunto da Dio in cielo, nell’arte occidentale barocca. Contemplando la glorificazione del corpo di Maria, noi oggi confessiamo che Dio non ha fatto del corpo di Maria uno strumento per realizzare il suo disegno.
Dio non ha fatto di Maria e della sua umanità un semplice mezzo per raggiungere un fine. Oggi confessiamo che Dio non ha usato il corpo di Maria perché venisse al mondo suo Figlio, come non ha usato il corpo di Abramo per generare il suo popolo. Perché Dio nella storia con l’umanità, non si è mai servito di nessun uomo e nessuna donna come di un mezzo per realizzare un fine, fosse anche il fine più grande come la salvezza del mondo. Risorto con Cristo, il corpo di Maria, come quello di ogni uomo e ogni donna, è destinato a vivere in Dio, perché la nostra umanità da sempre gli appartiene, sta in lui, è lui. Oggi confessiamo che nell’umanità di Dio c’è anche l’umanità di Maria, come un giorno ci sarà quella di ciascuno di noi e speriamo di tutti.
Goffredo Boselli