Il pane del cristiano è Cristo
Gv 6,24-35 – XVIII domenica dell’ordinario – (4 agosto 2024)
Il pane ha accompagnato Gesù durante tutta la sua vita. È nato a Betlemme che in ebraico significa “casa del pane”; nel deserto della prova è lacerato dalla fame e della tentazione di trasformare le pietre in pane; nell’ultima cena ha condiviso con i discepoli il pane che è il suo corpo. Gesù nel pane vede il simbolo più efficace del significato della sua vita donata, così nella frase che conclude questa pagina di vangelo arriva a identificarsi con il pane: “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà sete, mai!”.
Queste parole dense e intense rivelano l’identità profonda di Gesù (“Io sono”) e riassumono interamente la vita del cristiano che trae tutta la sua vita, tutto il suo essere, tutta la sua esistenza dalla sua relazione con Cristo. Una relazione che gli fa gustare il pane dell’eternità, il nutrimento che vince l’assenza, la fame e la morte stessa. Una relazione che sazia la sete di libertà, di giustizia, d’amore e di vita. Ecco quello che promette questo testo! Ci sono attimi nell’umanissima vita di ogni credente che sono come momenti di eternità, dove si vive qualcosa o anche solo intuisce di questa realtà, dove si esperimenta tutta la verità di quello che chiamiamo folate dello Spirito, “visite del Verbo” (Bernardo di Clairvaux). Questi istanti di grazia ci nutrono, ci sfamano ed è per questo che Gesù utilizza il pane per descriverli.
Gesù distingue tra il pane del cielo che lui è e che è donato da Dio e il pane frutto della terra figura di quel cibo che è lo scopo delle nostre fatiche, delle nostre preoccupazioni e delle nostre paure. I figli d’Israele fuggiti dalla schiavitù ora sono nel deserto e hanno fame. Mormorano contro Mosè che li ha condotti in tale situazione fino a rimpiangere di “non essere morti quando erano seduti presso la pentola della carne, mangiando pane a sazietà”. Preferiscono la morte alla fame, la sazietà alla libertà. Almeno quanto gli ebrei attorno a Mosè o i contemporanei di Gesù, anche noi siamo schiavi dei nostri bisogni materiali e della nostra paura della mancanza.
Chiediamo sazietà, cerchiamo abbondanza, pretendiamo sicurezza, ma il pane di sussistenza non è il pane della vita. La preoccupazione costante per il pane simbolo di tutto ciò che materialmente soddisfa i nostri bisogni primari ci toglie il respiro e annichilisce la nostra umanità, la nostra capacità di condividere e di amare, mentre questa preoccupazione ci promette vita. “Mangiare o essere mangiati”, ecco una frase assassina che rafforza le nostre paure e ci spinge a lavorare e faticare per il pane che deperisce.
“Io sono il pane della vita”, a dire che Gesù è pane non della mia vita ma della vita in quanto tale, della vita di tutti, di ogni essere che vive e respira. È il pane per la vita del mondo, perché se fosse un pane che fa vivere solo me sarebbe il pane frutto della tentazione, sarebbe la pietra del deserto trasformata in pane per la mia fame.
Dicendo “il sono il pane della vita”, Gesù rivela che lui non è solo il padre che dona ai suoi figli il pane per vivere, ma che è lui stesso quel pane che crea la comunione tra gli uomini e nutre coloro che hanno fame di vita, d’amore, di libertà. Cristo non è il pane per vivere ma il pane della vita, quel pane che ci libera dalle nostre paure e vince la potenza del male e della morte.
Mangiare il pane nell’ozio è da parassita; guadagnarlo laboriosamente è un dovere; rifiutarsi di condividerlo è da crudeli. Al contrario, Cristo è il pane di vita che nutre il nostro cuore, perché il nostro cuore ha bisogno di riceve questo pane per imparare a condividerlo, il nostro cuore ha bisogno di essere saziato da questo pane per imparare ad avere fiducia.
Goffredo Boselli