Venite in disparte
Mc 6,30-34 – XVI domenica dell’ordinario – (21 luglio 2024)
Come per istinto i Dodici ritornano da colui che li aveva mandati in missione. Inviati da Gesù ora si radunano attorno a Gesù per riferirgli tutto quello che hanno fatto e insegnato. Li aveva stabiliti “perché stessero con lui e per inviarli a proclamare l’annuncio” (Mc 3,14). Ecco i due inseparabili movimenti della sequela, la diastasi e la sistole della vita cristiana. Nel tempo trascorso dalla loro partenza al ritorno, Giovanni il Battista è stato giustiziato nella prigione di Erode, esito del crudele divertimento che avrà scosso profondamente Gesù e che preannuncia la sua stessa morte, spietato destino che attende ogni profeta.
I discepoli di Gesù si riuniscono attorno a lui che li invita a prendersi un tempo di riposo: “Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po’”. L’espressione in disparte, frequente nei sinottici, indica sempre il luogo e il tempo di una più grande intimità dei discepoli con Gesù, di una condivisione semplice e fraterna della vita quotidiana, di un insegnamento particolare che riserva solo a loro. Attraverso questa preoccupazione per il riposo dei discepoli, Gesù si rivela come il pastore annunciato dai profeti e narrato nei salmi: “Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla … ad acque quiete mi conduce, ricrea la mia vita” (Sal 23,1-3). In questo modo Gesù non ci conduce altrove, da un’altra parte, ma in disparte, ci guida verso la nostra interiorità portandoci a lui stesso. L’altrove è un’illusione, l’interiorità invece è il solo lugo riposante. Dove possiamo andare per riposarci dalle fatiche vissute in suo nome? Sarebbe concepibile noi ci riposassimo al di fuori di quel luogo che è Cristo stesso? Solo la mitezza di Gesù può riposarci dalle sue stesse esigenze: “Venite a me tutti voi che vi affaticati e siete carichi di pesi, e io vi farò riposare” (Mt 11,28).
Di questo riposo al quale Gesù invita noi suoi discepoli lui stesso ne sente la necessità, come fosse un’esigenza interiore. Più volte nei vangeli si legge: “Congedata la folla andò sul monte a pregare”. Gesù si ritira per ritrovare il Padre e in lui rinnovare le sue forze. Il Padre è quell’unico “luogo in disparte” che Gesù frequenta. Come Gesù ha il suo luogo di riposo nel Padre noi lo abbiamo in Gesù Cristo. Questo è sempre e ovunque possibile, come il fiato che si riprende, la pace interiore che perviene, la sospensione che la mente reclama, il riposo che il corpo esige. Gesù ci conduce incessantemente a una conoscenza sempre più profonda di lui, per “essere trovato in lui” (Fil 3,8-9).
“Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte. Molti però li videro partire e capirono … e li precedettero”. Il lago sul quale Gesù conduce i suoi in disparte è in realtà sotto gli occhi di tutti. Ovunque ci si imbarchi e pur vasta possa essere l’attraversata interiore, si approderà presto a tardi a una riva dove si troverà la fame, la sete, la sofferenza, la guerra, le grida di aiuto. Gesù stesso sceso dalla barca “vide una gran folla, ebbe compassione di loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare”. Come una sorta di austera illuminazione, di improvvisa rivelazione della reale condizione dell’umanità, per la prima volta nel vangelo secondo Marco, Gesù è mosso di compassione per la folla che discerne senza guide che se ne prendano cura, la nutrano, la orientino, la consolino. Il riposo promesso ai discepoli svanisce.
Andare con Gesù in disparte per riposarci dalle fatiche significa seguirlo nella sua compassione per la folla stanca e smarrita, significa stare presso le sue viscere di misericordia per il mondo. L’umanità senza pastore abita il cuore di Dio, e questo è l’unico nostro luogo di
riposo in Cristo.
Goffredo Boselli