Se c’è la paura non c’è la fede
Mc 4,35-41 – XII domenica dell’ordinario – (23 giugno 2024)
La morte, la fede, la paura, ecco gli ingredienti di questa pagina di vangelo. Nel mezzo di una burrasca di vento con le onde che si abbattono all’improvviso sulla barca rischiando di farla colare a picco, i discepoli vedono esterrefatti che, nonostante la situazione drammatica, a poppa adagiato sul cuscino Gesù dorme pacificamente in mezzo alla tempesta. Terrorizzati dal concreto pericolo di morire lo svegliano, e alterati dal suo atteggiamento di indifferenza verso di loro lo riprendono duramente: “Maestro non ti importa che siamo perduti?”. A dire, “non ti interessa nulla di noi che moriamo?”. Questa contestazione dei discepoli non viene solo dalla paura di morire ma più ancora dalla delusione e dallo scandalo che la presenza di Gesù con loro sulla barca non è garanzia di nulla, non basta a salvarli dalla morte.
Nel grido dei discepoli risuona l’antica implorazione del salmista: “Svegliati, Signore! Perché dormi? Alzati, non rigettarci per sempre! Perché nascondi il tuo volto? (Sal 44,24-25). Rivela che la percezione del sonno di Dio e del suo disinteresse per la condizione del suo popolo appartengono all’esperienza spirituale del credente biblico. Anche noi facciamo l’esperienza di essere nient’altro che dei destinati alla morte, soli e abbandonati da tutto e da tutti a un destino ineludibile senza essere garantiti di nulla. Se i cristiani non vincono la paura della morte, cosa hanno vinto? Se la fede non vince la paura della morte, allora perché credere? L’ultima minaccia della morte noi cristiani la vinciamo solo nella fede nel Cristo risorto. Gesù si sveglia (è il verbo maggiore della risurrezione; exurgens traduce Girolamo), minaccia il vento e parla al mare come a una persona: “Taci, calmati”. Se fino ad allora aveva guarito dal male e messo a tacere i demoni, ora Gesù si rivela Signore della natura che comanda il mare e il vento che gli obbediscono. A questo punto si rivolge ai discepoli non con un rimprovero ma con una duplice domanda: “Perché avete paura? Non avete ancora la fede?”. In tal modo li rinvia a sé stessi per interrogarsi sulla causa della paura. Dove c’è la paura non c’è la fede. Sì, l’opposto della fede non è l’incredulità, è la paura.
Già per la tradizione cristiana antica la barca è l’immagine della chiesa che in mezzo ai marosi della storia rischia di affondare. Sommersi dai flutti è facile pensare che il Signore ci ha abbandonati, si è dimenticato di noi e lascia che la sua chiesa vada a picco. È in momenti come questi che il Signore rimprovera la sua comunità: “Perché avete paura? Non avete ancora la fede?”.
La storia dimostra che, troppo spesso, per vincere la paura la barca della chiesa si è trasformata in una corazzata garantendosi tutte le protezioni mondane. L’insicurezza non è stata vinta dalla fede nel Vangelo ma dal ricorso accordi di potere, garanzie politiche e sicurezze economiche che altro non sono che forme di compromessi e complicità con le stesse potenze che si abbattono sulla chiesa: “Trovò Costantino e ci fede un accordo con lui, poi venne Napoleone e un accordo con lui, Mussolini e … ha preso accordi” (Ernesto Balducci). Oggi in Occidente la barca della chiesa fa acqua da tutte le parti, in molti c’è la paura di affondare, e il richiamo del Signore è più che mai attuale: “Perché avete paura? Non avete ancora la fede?”. Non gli accordi di potere, le garanzie mondane e tanto meno le strategie pastorali che sono anch’esse delle sicurezze umane, ma solo la rinnovata fede nell’Evangelo di Gesù Cristo salverà la chiesa dalla paura di colare a picco.
Goffredo Boselli