Corpo di Cristo è il pane spezzato
Mc 14,12-16.22-26 – Corpus Domini (2 giugno 2024)
L’eucaristia non è solo la parola di Gesù “Questo è il mio corpo” ma anche il gesto più importante che lui ha fatto “prese il pane e lo spezzò”. L’eucaristia non è solo pane ma pane spezzato e condiviso. Come aveva fatto innumerevoli volte a tavola con i suoi discepoli, anche alla vigilia della sua passione Gesù segue il rituale ebraico e spezzando il pane per condividerlo con i commensali fa interamente suo il significato del rito ma, al tempo stesso, lo arricchisce ulteriormente: “Prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzo e lo diede loro dicendo: Prendete, questo è il mio corpo”. (Mc 14,22).
Gesù ha espresso il mistero della sua vita prendendo tra le mani il pane e facendo con esso un gesto colmo di senso: lo ha spezzato e lo ha distribuito perché fosse mangiato. Allo stesso modo ha preso il calice di vino e lo dato perché tutti bevessero e in questo modo è diventato l’uomo nuovo: “Nessuno vive per sé stesso e nessuno muore per sé stesso” (Rm 14,7). La chiesa che ininterrottamente deve nascere dal Vangelo, riconosce in questi gesti dell’uomo di Nazaret il mistero della sua stessa vita, perché neppure la chiesa vive per se stessa e muore per se stessa. Spezziamo il pane e lo condividiamo insieme, così l’unico calice di vino e attraverso questi gesti facciamo memoria di Gesù Cristo, secondo il comando che ha lasciato. Con questi gesti confessiamo che crediamo nel suo Vangelo, che crediamo al dono e alla condivisione, alla comunione e alla solidarietà, al mistero della sua e nostra vita.
Gesù spezza il pane e in quel gesto vede racchiuso il senso dell’intera sua vita e della sua imminente morte. Da quando Gesù lo ha compiuto nell’Ultima cena insieme alle parole da lui pronunciate, la frazione del pane non è solo il rito ebraico della condivisione con i commensali, ma è il anche il gesto attraverso il quale fare memoria del sacrificio di comunione di Cristo che stipulando la Nuova alleanza nel suo corpo messo a morte e nel suo sangue versato crea la comunione della sua comunità e fa di essa un unico corpo, il suo corpo. È dall’Ultima cena che la frazione del pane diventa un rito eucaristico e da allora i discepoli di Cristo spezzano il pane per fare memoria di lui. Nel giorno del Signore si identificano, si riconoscono e si confessano “riuniti per spezzare il pane” (At 20,7). “Spezzare il pane” è il nome con il quale la chiesa apostolica designava quella che noi oggi chiamiamo con l’insignificante termine “Messa”. “Pane spezzato” è il nome più antico dell’eucaristia che oggi chiamiamo miseramente “ostia”. Nella Didaché il pane eucaristico è chiamato klasma “lo spezzato”.
È il significato del gesto che l’apostolo Paolo trasmette alla comunità cristiana di Corinto, dove l’espressione “spezzare il pane” designa l’eucaristia: “Il pane che noi spezziamo non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché c’è un solo pane, noi pur essendo molti siamo un solo corpo, dato che tutti partecipiamo a un solo pane” (1Cor 10,16-17). Nella Cena del Signore ciascuno, ricevendo una parte del pane spezzato e condiviso, diviene parte del corpo sacramentale di Cristo e in questo modo diventa ciò che riceve, secondo le efficaci espressioni di Agostino: “Noi siamo diventati suo corpo e, per la sua grande misericordia, noi siamo quello che riceviamo (quod accipimus, nos sumus)” (Discorso 229).
È insufficiente affermare che l’eucaristia è pane. No, l’eucaristia è pane spezzato! Gesù dice “questo è il mio corpo” solo dopo aver spezzato il pane, così che Corpo di Cristo è solo il pane spezzato.
Goffredo Boselli