“Davvero il Signore è risorto”
Lc 24,13-35 – Pasqua (31 marzo 2024)
Tutto il racconto di Emmaus avviene in movimento. Il movimento compiuto da Gesù è di avvicinarsi a “due di loro” che stanno camminando, per mettersi al loro passo e aver parte ai loro discorsi. Quasi a voler porre l’accento sul nesso tra parlare e camminare Gesù domanda: “Che sono questi discorsi che state facendo tra voi camminando?”. Domandando di cosa parlano in realtà fa dichiarare ai due la ragione del loro cammino e, più a fondo ancora, l’oggetto della loro ricerca. La fede pasquale nasce in cammino perché essa è sempre un cammino.
La pagina di Emmaus è in prevalenza una discussione, uno scambio di vedute e di interpretazione di fatti. Vi è un’enfasi posta sulla parola, e Luca fa della discussione animata tra i due discepoli il luogo da dove Gesù proviene: “Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro”. Il Risorto pare sorgere dalla conversazione stessa, ed è già questa una forma di risurrezione.
Vi è un primo tempo della parola ed è quello dello scambio. Gesù son si impone, li osserva, li ascolta, entra nella loro condizione come il Figlio di Dio è entrato nel mondo. Sì, Gesù prima di parlare ascolta, fino ad acconsentire di essere preso per uno che non sa: “Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?”. Si lascia prendere per estraneo ai fatti lui che ne è stato il protagonista.
“Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?”, quando prende lui la parola il Risorto rimanda i discepoli non a una generica memoria del loro maestro ma a “queste sofferenze” e al loro significato. Commenta Agostino: “Cominciò a spiegare loro le Scritture in modo che imparassero a riconoscere Cristo proprio dal punto dove si erano allontanati da Cristo. Avevano perso la speranza in Cristo perché lo avevano visto morto. Egli al contrario spiega loro le Scritture argomentando in modo che si persuadessero che, se non fosse morto, non sarebbe potuto essere Cristo” (Discorso 236).
Le sofferenze del Messia, la croce e anche la risurrezione non sono predette dalle Scritture ma sono conforme alle Scritture, appunto “secondo le Scritture”. Più volte nei racconti pasquali l’evangelista Luca afferma come le Scritture hanno consegnato il loro segreto solo dopo la risurrezione. Ecco la Pasqua, offrire un senso a ciò che umanamente non ha senso: le sofferenze e la morte di colui che è “il Santo e il Giusto” (At 3,14). Le Scritture generano senso perché il Risorto le apre dischiudendole. Il testo greco di Luca non dice “mentre ci spiegava le Scritture”, bensì “mentre ci apriva le Scritture”. Emmaus è tutto un aprirsi: si aprono le Scritture, si aprono gli occhi, si apre il pane, si aprono le menti.
Dopo aver riconosciuto il Risorto nello spezzare il pane, i due discepoli ritornano a Gerusalemme dove trovano riuniti gli “Undici e gli altri che erano con loro” i quali e si annunciano a vicenda “davvero il Signore è risorto”. I pellegrini di Emmaus “ricevano dalla chiesa ciò che essi le portano … il loro incontro è garantito dalla chiesa: non è un’illusione; non è un delirio questa volta” (Michel de Certeau). La fede pasquale che nasce dall’incontro con il Risorto abbisogna di qualcuno che ascoltandola la riconosca. Non è possibile crede da soli! Non solo perché non è mai la “mia fede” ma è sempre la “nostra fede”, ma soprattutto non si crede da soli perché è sempre l’altro che mi costituisce credente.
Goffredo Boselli