Corpo-per-voi
Giovedì santo (28 marzo 2024)
All’inizio della celebrazione della Santa Pasqua, la sera in cui si fa memoria dell’Ultima cena, la liturgia ha l’audacia di far ascoltare a ogni comunità cristiana uno dei passaggi più gravi e severi delle lettere di Paolo, nel quale l’Apostolo afferma che in una comunità cristiana è possibile celebrare la cena con un rito e tuttavia non celebrare la “Cena del Kýrios” (1Cor 11,20), una Cena nella quale Gesù Cristo è il Signore.
“Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane … lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo che è per voi»”. Le parole pronunciate da Gesù che si trovano in Paolo si differenziano da quelle dei sinottici per l’espressione “corpo che è per voi” (tò sôma tò hypèr hymôn), letteralmente corpo-per-voi. Questa espressione paolina indica che nel corpo di Gesù è iscritta la relazione originaria. Non è semplicemente corpo, ma è in sé stesso corpo-per-voi, corpo dato e dunque la relazione di donazione non si aggiunge al corpo di Gesù ma gli appartiene fin dall’origine. L’eucaristia è il memoriale del corpo-per-voi di Gesù, e per Paolo è questo il criterio con il quale giudicare ogni eucaristia. Corpo-per-voisignifica corpo dato, consegnato, vita spesa fino all’estremo, vita offerta per gli altri. Il corpo-per-voi nega ogni logica individualistica simile a quella dei benestanti della comunità di Corinto che si dimenticano dei membri più poveri. Ogni egoismo, ogni spirito di divisione è smentito dall’accoglienza vicendevole e dalla condivisione totale che caratterizza quella comunione piena che è l’eucaristia.
Ai cristiani di Corinto e oggi a ciascun credente che all’inizio del Triduo santo celebra la memoria dell’ultima Cena, l’Apostolo ricorda che Cristo ha istituito l’eucaristia come memoria passionis, che è memoria di una vita non tenuta per sé ma consegnata, non risparmiata ma donata, non salvata dagli altri ma offerta per la salvezza di tutti.
Paolo ricorda che un cristiano non può pensare di partecipare all’eucaristia se poi vive nella logica di una “propria cena” (1Cor 11,21), ossia di una propria vita. Una persona che vive nella logica di salvare la propria vita senza gli altri, prima o poi vivrà contro gli altri e a scapito degli altri. Chi vive solo per sé stesso, per la propria riuscita e il proprio successo, mangerà anche il Corpo del Signore per sé stesso e non per gli altri, nella comunione. Il discepolo di Gesù non può vivere nella logica di un proprio progetto di vita senza sottomettersi a una logica di comunione, che è logica del corpo-per-voi, l’esatto contrario della logica del corpo-per-me. In quanto cristiani e membri della chiesa, la logica del per-voi, che è logica di koinonía, deve avere il primato nella vita personale e comunitaria.
Si domanda il grande vescovo Basilio di Cesarea “Cos’è proprio di coloro che mangiano il pane e bevono il calice del Signore? Custodire la memoria incessante di colui che è morto ed è risorto per noi. Cos’è proprio di coloro che custodiscono tale memoria? Non vivere più per sé stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro” (Regole morali 80,22). Se nutrendosi dell’eucaristia, memoriale della Pasqua di Cristo, il cristiano diviene custode della “memoria incessante di colui che è morto ed è risorto”, lui stesso diventa memoriale della Pasqua di Cristo.
Goffredo Boselli